Le Cerbaie: i paesaggi nella storia
L’area denominata Cerbaie è costituita da una serie di
basse colline (raramente superano i 100 metri s.l.m.), dal profilo dolce, che si
estendono tra il bacino dell'ex palude di Bientina e il Padule di Fucecchio.
L'origine del nome, anticamente attribuita alla presenza di cervi (Cervaia) o
alla natura della vegetazione (da cerro), è stata recentemente riferita alla
modesta fertilità del suolo (cervara = sodaglia).
Benché segnato da preziose e rare presenze naturalistiche, il paesaggio delle Cerbaie è in larga misura anche il prodotto di interventi e pratiche attuate dall'uomo nel corso di oltre un millennio. Infatti fin dal primo Medioevo sono documentati insediamenti sul settore più meridionale, sulle alture sovrastanti la pianura del Valdarno inferiore, dove la popolazione poteva fruire sia delle risorse offerte dalla foresta (caccia, legname, pascolo, raccolta dei prodotti spontanei del bosco), sia di quelle fornite dalle acque del Padule e del suo emissario, il fiume Usciana (pesca e navigazione). Già prima del Mille si erano sviluppati in quest’area insediamenti come Massarella, Torre, Montefalconi, Pozzo, Santa Maria a Monte, Montecalvoli, mentre altri centri come Altopascio, Galleno, Cappiano nascevano lungo la Via Francigena, la grande direttrice stradale medievale che attraversava qui una delle zone più pericolose, infestata animali selvatici e da briganti che agivano individualmente o in gruppi ben organizzati.
I boschi delle Cerbaie erano allora formati prevalentemente da querceti utilizzati per l’allevamento suino, specialmente nell’alto Medioevo, mentre più tardi – almeno dal XIII secolo - gli spazi aperti erano frequentati da greggi di ovini in transito lungo i percorsi della transumanza dall’Appennino verso la Maremma. Condotti da pastori spesso in greggi formati da migliaia di capi, potevano fermarsi abbastanza a lungo nelle selve delle Cerbaie pagando un’apposita gabella ai Comuni della zona che erano proprietari dei pascoli.
Nel corso di questi secoli furono attuati i primi massicci disboscamenti per far posto alle colture e a un progressivo appoderamento, che si arrestò nella seconda metà del Trecento a causa delle pestilenze e delle guerre. Seguì una fase di abbandono degli insediamenti che in molti casi rimasero deserti, mentre i boschi si espandevano di nuovo invadendo terreni già coltivati.
A questa fase di abbandono fece seguito, a partire dalla metà del Quattrocento, una graduale e lenta ripresa, spesso stimolata dai Comuni del Valdarno che si fecero promotori di una vera e propria "ricolonizzazione" delle Cerbaie. In questo periodo, tra il XV e il XVI secolo le attività furono legate, più che all'agricoltura, all'allevamento brado e transumante degli ovini e allo sfruttamento del bosco, da cui si traeva, oltre al legname da costruzione, anche la materia prima per le navi fabbricate nell'arsenale di Pisa. Queste forme di utilizzazione provocarono importanti trasformazioni ecologiche, causando il diradamento del querceto a vantaggio dei pini marittimi, la cui proliferazione fu avvertita, già nei primi del Settecento, come una pericolosa invasione. Un secolo dopo in tutte le Cerbaie i querceti si erano ormai trasformati in pinete. Alle modificazioni ecologiche si accompagnò, alla fine del XVIII secolo, una vera e propria rivoluzione nella distribuzione della proprietà: per volontà del granduca Pietro Leopoldo i beni pubblici delle Cerbaie furono venduti a privati che estesero così le colture, costruendo nuove case coloniche e ville che caratterizzano tuttora il paesaggio di quest'area. Il mutamento più recente è stato determinato dalla malattia dei pini (matsococcus feytaudi) che ha provocato la scomparsa quasi totale delle pinete e il ritorno del querceto, accanto alla diffusione di nuove specie.
Benché segnato da preziose e rare presenze naturalistiche, il paesaggio delle Cerbaie è in larga misura anche il prodotto di interventi e pratiche attuate dall'uomo nel corso di oltre un millennio. Infatti fin dal primo Medioevo sono documentati insediamenti sul settore più meridionale, sulle alture sovrastanti la pianura del Valdarno inferiore, dove la popolazione poteva fruire sia delle risorse offerte dalla foresta (caccia, legname, pascolo, raccolta dei prodotti spontanei del bosco), sia di quelle fornite dalle acque del Padule e del suo emissario, il fiume Usciana (pesca e navigazione). Già prima del Mille si erano sviluppati in quest’area insediamenti come Massarella, Torre, Montefalconi, Pozzo, Santa Maria a Monte, Montecalvoli, mentre altri centri come Altopascio, Galleno, Cappiano nascevano lungo la Via Francigena, la grande direttrice stradale medievale che attraversava qui una delle zone più pericolose, infestata animali selvatici e da briganti che agivano individualmente o in gruppi ben organizzati.
I boschi delle Cerbaie erano allora formati prevalentemente da querceti utilizzati per l’allevamento suino, specialmente nell’alto Medioevo, mentre più tardi – almeno dal XIII secolo - gli spazi aperti erano frequentati da greggi di ovini in transito lungo i percorsi della transumanza dall’Appennino verso la Maremma. Condotti da pastori spesso in greggi formati da migliaia di capi, potevano fermarsi abbastanza a lungo nelle selve delle Cerbaie pagando un’apposita gabella ai Comuni della zona che erano proprietari dei pascoli.
Nel corso di questi secoli furono attuati i primi massicci disboscamenti per far posto alle colture e a un progressivo appoderamento, che si arrestò nella seconda metà del Trecento a causa delle pestilenze e delle guerre. Seguì una fase di abbandono degli insediamenti che in molti casi rimasero deserti, mentre i boschi si espandevano di nuovo invadendo terreni già coltivati.
A questa fase di abbandono fece seguito, a partire dalla metà del Quattrocento, una graduale e lenta ripresa, spesso stimolata dai Comuni del Valdarno che si fecero promotori di una vera e propria "ricolonizzazione" delle Cerbaie. In questo periodo, tra il XV e il XVI secolo le attività furono legate, più che all'agricoltura, all'allevamento brado e transumante degli ovini e allo sfruttamento del bosco, da cui si traeva, oltre al legname da costruzione, anche la materia prima per le navi fabbricate nell'arsenale di Pisa. Queste forme di utilizzazione provocarono importanti trasformazioni ecologiche, causando il diradamento del querceto a vantaggio dei pini marittimi, la cui proliferazione fu avvertita, già nei primi del Settecento, come una pericolosa invasione. Un secolo dopo in tutte le Cerbaie i querceti si erano ormai trasformati in pinete. Alle modificazioni ecologiche si accompagnò, alla fine del XVIII secolo, una vera e propria rivoluzione nella distribuzione della proprietà: per volontà del granduca Pietro Leopoldo i beni pubblici delle Cerbaie furono venduti a privati che estesero così le colture, costruendo nuove case coloniche e ville che caratterizzano tuttora il paesaggio di quest'area. Il mutamento più recente è stato determinato dalla malattia dei pini (matsococcus feytaudi) che ha provocato la scomparsa quasi totale delle pinete e il ritorno del querceto, accanto alla diffusione di nuove specie.
Le Cerbaie, sito di conservazione della natura e del paesaggio
Gran parte del territorio delle Cerbaie rientra nel SIC/SIR (sito d’interesse comunitario/sito d’interesse regionale) della Rete Natura 2000 e rientra nel sistema provinciale pisano delle aree Protette con l’indicazione di Polo Ambientale delle Colline delle Cerbaie e Lago di Bientina. Il SIC Cerbaie (Codice IT5170003, ufficializzato con la Decisione della Commissione Europea del 19 luglio 2006 ), e che è stato codificato a livello regionale con il codice SIR 63 Cerbaie (ai sensi delle norme previste dalla LR 56/2000), si estende per 6.504,51 ettari all’interno della porzione collinare dei territori comunali di Bientina, Calcinaia, Castelfranco di Sotto, Santa Croce sull’Arno e Santa Maria a Monte in Provincia di Pisa e Fucecchio in Provincia di Firenze, ed è prossimale all’area protetta del Lago di Sibolla, sita nel comune di Altopascio (Lu). Il SIC, rappresentato da un rilievo collinare di modesta altitudine (max 117 m s.m. presso Montefalcone) esteso fra la pianura dell’Arno a sud e la piana di Lucca, confina ad est con il SIC “Padule di Fucecchio”, ad ovest e a nord, anche se non contiguamente, con i SIC “Ex-alveo del Lago di Bientina” e “Lago di Sibolla” con i quali contribuisce a creare il sistema delle aree umide della Toscana centro-settentrionale.
Un territorio riconosciuto di valenza comunitaria in ragione principalmente delle peculiarità ecologiche e botaniche e per il ricco apparato paesaggistico che testimonia una relazione storica ecologica ricca di segni e della commistione molto intrecciata fra uomo e natura risulta oggi, nonostante esistono numerose plaghe a bassa densità insediativa.
Nel SIC sono stati rinvenuti, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE e/o della LR 56/2000, 14 Habitat d’Importanza Comunitaria (di cui due prioritari *), 62 Specie vegetali di interesse regionale e/o protette, 42 specie animali d’interesse regionale e/o protette. Particolarmente rilevante è la presenza di numerose stazioni di torbiere a sfagno, di origine artica e interpretabili come relitti dell’epoca glaciale come pure di foreste planiziali a ontano nero, a farnia con carpino bianco, e residuale delle antiche formazioni boschive tipiche del Valdarno prima delle modifiche post-neolitiche del paesaggio. L’attenzione della conservazione botanica si concentra in special modo sulle stazioni ove sono state rinvenute, di fatto rendendo una specificità e rarità di questo territorio, la Drosera rotundifolia corsica (pianta carnivora tipica delle torbiere a sfagno), la Gentiana pneumonantheo l’Hottonia palustris, tipiche di paludi e aree umide ormai in forte regressione in tutto il continente[1].
Per quanto riguarda le specie animali, oltre a numerose specie di uccelli inserite nella Direttiva Uccelli 79/409/CEE, è sicuramente da citare la presenza, seppur rarefatta, della tartaruga palustre (Emys orbicularis), ritrovata, ad oggi, in pochissimi esemplari in alcuni specchi d’acqua del Comune di Fucecchio.
Ma la rilevanza particolare è da attribuire alla qualità del mosaico ecologico del territorio (foreste, aree umide, incolti, siepi ed ecotoni), la cui continuità e diffusione rappresentano la condizione ideale per la conservazione dei diversi habitat come delle specie notevoli.
(fonte, Piano di Gestione del Sic-Sir Cerbaie, Rapporto Ambientale, Provincia di Pisa-settore Ambiente) di gestione SIC-SIR Cerbaie
[1] Per l’elenco completo delle specie protette, consultare sito del Centro Visite delle Cerbaie.
Un territorio riconosciuto di valenza comunitaria in ragione principalmente delle peculiarità ecologiche e botaniche e per il ricco apparato paesaggistico che testimonia una relazione storica ecologica ricca di segni e della commistione molto intrecciata fra uomo e natura risulta oggi, nonostante esistono numerose plaghe a bassa densità insediativa.
Nel SIC sono stati rinvenuti, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE e/o della LR 56/2000, 14 Habitat d’Importanza Comunitaria (di cui due prioritari *), 62 Specie vegetali di interesse regionale e/o protette, 42 specie animali d’interesse regionale e/o protette. Particolarmente rilevante è la presenza di numerose stazioni di torbiere a sfagno, di origine artica e interpretabili come relitti dell’epoca glaciale come pure di foreste planiziali a ontano nero, a farnia con carpino bianco, e residuale delle antiche formazioni boschive tipiche del Valdarno prima delle modifiche post-neolitiche del paesaggio. L’attenzione della conservazione botanica si concentra in special modo sulle stazioni ove sono state rinvenute, di fatto rendendo una specificità e rarità di questo territorio, la Drosera rotundifolia corsica (pianta carnivora tipica delle torbiere a sfagno), la Gentiana pneumonantheo l’Hottonia palustris, tipiche di paludi e aree umide ormai in forte regressione in tutto il continente[1].
Per quanto riguarda le specie animali, oltre a numerose specie di uccelli inserite nella Direttiva Uccelli 79/409/CEE, è sicuramente da citare la presenza, seppur rarefatta, della tartaruga palustre (Emys orbicularis), ritrovata, ad oggi, in pochissimi esemplari in alcuni specchi d’acqua del Comune di Fucecchio.
Ma la rilevanza particolare è da attribuire alla qualità del mosaico ecologico del territorio (foreste, aree umide, incolti, siepi ed ecotoni), la cui continuità e diffusione rappresentano la condizione ideale per la conservazione dei diversi habitat come delle specie notevoli.
(fonte, Piano di Gestione del Sic-Sir Cerbaie, Rapporto Ambientale, Provincia di Pisa-settore Ambiente) di gestione SIC-SIR Cerbaie
[1] Per l’elenco completo delle specie protette, consultare sito del Centro Visite delle Cerbaie.