Le Cerbaie, sito di conservazione della natura e del paesaggio
Gran parte del territorio delle Cerbaie rientra nel SIC/SIR (sito d’interesse comunitario/sito d’interesse regionale) della Rete Natura 2000 e rientra nel sistema provinciale pisano delle aree Protette con l’indicazione di Polo Ambientale delle Colline delle Cerbaie e Lago di Bientina. Il SIC Cerbaie (Codice IT5170003, ufficializzato con la Decisione della Commissione Europea del 19 luglio 2006 ), e che è stato codificato a livello regionale con il codice SIR 63 Cerbaie (ai sensi delle norme previste dalla LR 56/2000), si estende per 6.504,51 ettari all’interno della porzione collinare dei territori comunali di Bientina, Calcinaia, Castelfranco di Sotto, Santa Croce sull’Arno e Santa Maria a Monte in Provincia di Pisa e Fucecchio in Provincia di Firenze, ed è prossimale all’area protetta del Lago di Sibolla, sita nel comune di Altopascio (Lu). Il SIC, rappresentato da un rilievo collinare di modesta altitudine (max 117 m s.m. presso Montefalcone) esteso fra la pianura dell’Arno a sud e la piana di Lucca, confina ad est con il SIC “Padule di Fucecchio”, ad ovest e a nord, anche se non contiguamente, con i SIC “Ex-alveo del Lago di Bientina” e “Lago di Sibolla” con i quali contribuisce a creare il sistema delle aree umide della Toscana centro-settentrionale.
Un territorio riconosciuto di valenza comunitaria in ragione principalmente delle peculiarità ecologiche e botaniche e per il ricco apparato paesaggistico che testimonia una relazione storica ecologica ricca di segni e della commistione molto intrecciata fra uomo e natura risulta oggi, nonostante esistono numerose plaghe a bassa densità insediativa.
Nel SIC sono stati rinvenuti, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE e/o della LR 56/2000, 14 Habitat d’Importanza Comunitaria (di cui due prioritari *), 62 Specie vegetali di interesse regionale e/o protette, 42 specie animali d’interesse regionale e/o protette. Particolarmente rilevante è la presenza di numerose stazioni di torbiere a sfagno, di origine artica e interpretabili come relitti dell’epoca glaciale come pure di foreste planiziali a ontano nero, a farnia con carpino bianco, e residuale delle antiche formazioni boschive tipiche del Valdarno prima delle modifiche post-neolitiche del paesaggio. L’attenzione della conservazione botanica si concentra in special modo sulle stazioni ove sono state rinvenute, di fatto rendendo una specificità e rarità di questo territorio, la Drosera rotundifolia corsica (pianta carnivora tipica delle torbiere a sfagno), la Gentiana pneumonantheo l’Hottonia palustris, tipiche di paludi e aree umide ormai in forte regressione in tutto il continente[1].
Per quanto riguarda le specie animali, oltre a numerose specie di uccelli inserite nella Direttiva Uccelli 79/409/CEE, è sicuramente da citare la presenza, seppur rarefatta, della tartaruga palustre (Emys orbicularis), ritrovata, ad oggi, in pochissimi esemplari in alcuni specchi d’acqua del Comune di Fucecchio.
Ma la rilevanza particolare è da attribuire alla qualità del mosaico ecologico del territorio (foreste, aree umide, incolti, siepi ed ecotoni), la cui continuità e diffusione rappresentano la condizione ideale per la conservazione dei diversi habitat come delle specie notevoli.
(fonte, Piano di Gestione del Sic-Sir Cerbaie, Rapporto Ambientale, Provincia di Pisa-settore Ambiente)
[1] Per l’elenco completo delle specie protette, consultare sito del Centro Visite delle Cerbaie.
Un territorio riconosciuto di valenza comunitaria in ragione principalmente delle peculiarità ecologiche e botaniche e per il ricco apparato paesaggistico che testimonia una relazione storica ecologica ricca di segni e della commistione molto intrecciata fra uomo e natura risulta oggi, nonostante esistono numerose plaghe a bassa densità insediativa.
Nel SIC sono stati rinvenuti, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE e/o della LR 56/2000, 14 Habitat d’Importanza Comunitaria (di cui due prioritari *), 62 Specie vegetali di interesse regionale e/o protette, 42 specie animali d’interesse regionale e/o protette. Particolarmente rilevante è la presenza di numerose stazioni di torbiere a sfagno, di origine artica e interpretabili come relitti dell’epoca glaciale come pure di foreste planiziali a ontano nero, a farnia con carpino bianco, e residuale delle antiche formazioni boschive tipiche del Valdarno prima delle modifiche post-neolitiche del paesaggio. L’attenzione della conservazione botanica si concentra in special modo sulle stazioni ove sono state rinvenute, di fatto rendendo una specificità e rarità di questo territorio, la Drosera rotundifolia corsica (pianta carnivora tipica delle torbiere a sfagno), la Gentiana pneumonantheo l’Hottonia palustris, tipiche di paludi e aree umide ormai in forte regressione in tutto il continente[1].
Per quanto riguarda le specie animali, oltre a numerose specie di uccelli inserite nella Direttiva Uccelli 79/409/CEE, è sicuramente da citare la presenza, seppur rarefatta, della tartaruga palustre (Emys orbicularis), ritrovata, ad oggi, in pochissimi esemplari in alcuni specchi d’acqua del Comune di Fucecchio.
Ma la rilevanza particolare è da attribuire alla qualità del mosaico ecologico del territorio (foreste, aree umide, incolti, siepi ed ecotoni), la cui continuità e diffusione rappresentano la condizione ideale per la conservazione dei diversi habitat come delle specie notevoli.
(fonte, Piano di Gestione del Sic-Sir Cerbaie, Rapporto Ambientale, Provincia di Pisa-settore Ambiente)
[1] Per l’elenco completo delle specie protette, consultare sito del Centro Visite delle Cerbaie.
Paesi delle Cerbaie
Cappiano
L'attuale abitato di Ponte a Cappiano era sovrastato nel Medioevo da un castello appartenuto ai conti Cadolingi. Nato sulla Via Francigena e generalmente identificato con la “stazione” denominata “Arno Nero”, è attestato fin dall’ottavo secolo come sede di una pieve e dal Mille come luogo di ponte dove era possibile superare la Gusciana o Arme, fiume emissario del Padule di Fucecchio. Fu anche sede di un monastero intitolato a San Bartolomeo, che dagli inizi del XII secolo fu sottoposto all'abbazia Vallombrosana di San Salvatore di Fucecchio. Per la sua posizione strategica e per la presenza del ponte sull'Usciana, Cappiano fu al centro di numerosi scontri durante le guerre tra Firenze e Lucca e subì ripetute devastazioni, tanto che nella seconda metà del Trecento la sua chiesa, trovandosi al centro di una campagna ormai spopolata e deserta perdette il titolo di pieve. Si sviluppò di nuovo nel corso del XVI secolo, dopo la ricostruzione del ponte voluta da Cosimo I duca di Firenze (1550). Il ponte mediceo di Cappiano è tuttora un importante monumento che riassume nelle sue forme architettoniche le molteplici funzioni che aveva nel XVI secolo: sbarramento per regolare il deflusso delle acque del Padule, “calle” per la pesca delle anguille, mulino, fortificazione a guardia della Via Francigena, dogana per il controllo del transito dei navicelli lungo il fiume, centro amministrativo della fattoria.
L'attuale abitato di Ponte a Cappiano era sovrastato nel Medioevo da un castello appartenuto ai conti Cadolingi. Nato sulla Via Francigena e generalmente identificato con la “stazione” denominata “Arno Nero”, è attestato fin dall’ottavo secolo come sede di una pieve e dal Mille come luogo di ponte dove era possibile superare la Gusciana o Arme, fiume emissario del Padule di Fucecchio. Fu anche sede di un monastero intitolato a San Bartolomeo, che dagli inizi del XII secolo fu sottoposto all'abbazia Vallombrosana di San Salvatore di Fucecchio. Per la sua posizione strategica e per la presenza del ponte sull'Usciana, Cappiano fu al centro di numerosi scontri durante le guerre tra Firenze e Lucca e subì ripetute devastazioni, tanto che nella seconda metà del Trecento la sua chiesa, trovandosi al centro di una campagna ormai spopolata e deserta perdette il titolo di pieve. Si sviluppò di nuovo nel corso del XVI secolo, dopo la ricostruzione del ponte voluta da Cosimo I duca di Firenze (1550). Il ponte mediceo di Cappiano è tuttora un importante monumento che riassume nelle sue forme architettoniche le molteplici funzioni che aveva nel XVI secolo: sbarramento per regolare il deflusso delle acque del Padule, “calle” per la pesca delle anguille, mulino, fortificazione a guardia della Via Francigena, dogana per il controllo del transito dei navicelli lungo il fiume, centro amministrativo della fattoria.
Il ponte mediceo di Cappiano in un disegno del XVIII secolo
Le Vedute, il “giardino dei ciliegi” di Indro Montanelli
Sulle alture sovrastanti l'abitato di Cappiano, all'incrocio tra la Via Romana Lucchese e la Via Pesciatina, si incontra la località detta "le Vedute", formata da case e ville sparse in amena posizione. Qui esisteva, fin dal Medioevo, un'Immagine della Vergine assai venerata, dipinta a protezione dei viandanti che transitavano lungo la Via Francigena, tra i boschi delle Cerbaie. L'Immagine nel 1730 fu trasferita a Fucecchio, nell'oratorio di San Rocco fuori le mura, che da allora fu dedicato alla "Madonna delle Vedute" (oggi Santuario della Madonna delle Vedute). Lungo la Via Pesciatina, poche decine di metri dopo il quadrivio delle Vadute, si trova villa Bassi, dove Indro Montanelli (Fucecchio 1909 – Milano 2001), fin da ragazzo era solito passare periodi di vacanza ospite dei proprietari amici di famiglia. Il più popolare giornalista italiano del Novecento ricordò sempre con nostalgia le belle giornate passate in questa campagna e nei boschi delle Cerbaie, dove imparò l’arte della caccia, e definì villa Bassi il suo “giardino dei ciliegi”.
Le Vedute, il “giardino dei ciliegi” di Indro Montanelli
Sulle alture sovrastanti l'abitato di Cappiano, all'incrocio tra la Via Romana Lucchese e la Via Pesciatina, si incontra la località detta "le Vedute", formata da case e ville sparse in amena posizione. Qui esisteva, fin dal Medioevo, un'Immagine della Vergine assai venerata, dipinta a protezione dei viandanti che transitavano lungo la Via Francigena, tra i boschi delle Cerbaie. L'Immagine nel 1730 fu trasferita a Fucecchio, nell'oratorio di San Rocco fuori le mura, che da allora fu dedicato alla "Madonna delle Vedute" (oggi Santuario della Madonna delle Vedute). Lungo la Via Pesciatina, poche decine di metri dopo il quadrivio delle Vadute, si trova villa Bassi, dove Indro Montanelli (Fucecchio 1909 – Milano 2001), fin da ragazzo era solito passare periodi di vacanza ospite dei proprietari amici di famiglia. Il più popolare giornalista italiano del Novecento ricordò sempre con nostalgia le belle giornate passate in questa campagna e nei boschi delle Cerbaie, dove imparò l’arte della caccia, e definì villa Bassi il suo “giardino dei ciliegi”.
La villa Bassi alle Vedute
Massarella
Antica Massa Piscatoria (da Massa, ossia aggregato di poderi, e Piscatoria in riferimento alla prevalente attività di pesca che si praticava nell'Usciana e nel Padule fin dal primo Medioevo). Fu castello dei Cadolingi e comune rurale nel XIII secolo, entrando a far parte del distretto comunale di Fucecchio nel 1309. La sua parrocchiale del secolo XVII porta il titolo di pieve di Santa Maria e come tale è menzionata fin dal 998 in un diploma dell'imperatore Ottone III. Poco resta apparentemente del primitivo edificio plebano, anche se lavori di restauro hanno posto in evidenza strutture medievali incorporate nella chiesa moderna. All'interno della parrocchiale affreschi di Romano Stefanelli: dopo la Crocifissione (1983), che introduce sullo sfondo richiami espliciti all'eccidio avvenuto in Padule nell'estate del 1944, il ciclo è stato completato con una Natività (1996) e con una Resurrezione (1998).
Dai dintorni di Massarella si può ammirare il vasto bacino del Padule di Fucecchio, un raro esempio di zona umida interna con flora e fauna di particolare pregio.
Massarella
Antica Massa Piscatoria (da Massa, ossia aggregato di poderi, e Piscatoria in riferimento alla prevalente attività di pesca che si praticava nell'Usciana e nel Padule fin dal primo Medioevo). Fu castello dei Cadolingi e comune rurale nel XIII secolo, entrando a far parte del distretto comunale di Fucecchio nel 1309. La sua parrocchiale del secolo XVII porta il titolo di pieve di Santa Maria e come tale è menzionata fin dal 998 in un diploma dell'imperatore Ottone III. Poco resta apparentemente del primitivo edificio plebano, anche se lavori di restauro hanno posto in evidenza strutture medievali incorporate nella chiesa moderna. All'interno della parrocchiale affreschi di Romano Stefanelli: dopo la Crocifissione (1983), che introduce sullo sfondo richiami espliciti all'eccidio avvenuto in Padule nell'estate del 1944, il ciclo è stato completato con una Natività (1996) e con una Resurrezione (1998).
Dai dintorni di Massarella si può ammirare il vasto bacino del Padule di Fucecchio, un raro esempio di zona umida interna con flora e fauna di particolare pregio.
Torre
Era anticamente nota come Ultrario, ossia "oltre il Rio", in riferimento al rio Ramone (modesto corso d’acqua che segna il confine con Ponte a Cappiano). Di Ultrario e della sua chiesa intitolata a San Gregorio si hanno notizie fin dall'XI secolo; secondo una tradizione la sua chiesa deriverebbe la dedicazione da un passaggio nella zona del santo pontefice, che avrebbe lasciato il proprio nome a una fonte tuttora esistente e nota appunto come Fonte di San Gregorio. Anche questa piccola comunità ebbe il proprio castello e si organizzò in Comune autonomo unendosi poi a quello di Fucecchio (1309). Torre è formata oggi da un piccolo nucleo di case accentrate intorno alla chiesa parrocchiale intitolata a San Gregorio e da insediamenti sparsi nella campagna, tuttora coltivata a viti, olivi e colture promiscue che lasciano poi spazio ai boschi delle Cerbaie.
Galleno
Centro situato nell’area interna delle Cerbaie, fu feudo dei conti Cadolingi nel secolo XI ed è menzionato come tappa lungo la Via Francigena dal re di Francia Filippo Augusto, che, tornando dalla terza Crociata nel 1191, lo ricorda come “Grasse Geline”. Nelle immediate adiacenze, a sud del villaggio, sorgeva l’ospedale di Santa Maria Santa Trinita di Cerbaia, edificato a sostegno dei pellegrini che transitavano lungo la Via di Francia. Subì gravi devastazioni durante la guerra tra Pisani e Fiorentini nel corso del XIV secolo e fu ripopolato dai primi decenni del Quattrocento, grazie all’iniziativa del Comune di Fucecchio che promosse la costruzione di un’osteria e, più tardi, la ricolonizzazione di questo territorio con la formazione di nuovi poderi. Qui essiteva anche seconda osteria, detta di Greppo, a conferma dell’importanza di questo centro come “luogo di strada”. La nuova chiesa, intitolata a San Pietro, fu ricostruita nel 1604. Nei pressi della parrocchiale esiste ancora, ben conservato, un tratto dell’antica Via Francigena.
Galleno
Centro situato nell’area interna delle Cerbaie, fu feudo dei conti Cadolingi nel secolo XI ed è menzionato come tappa lungo la Via Francigena dal re di Francia Filippo Augusto, che, tornando dalla terza Crociata nel 1191, lo ricorda come “Grasse Geline”. Nelle immediate adiacenze, a sud del villaggio, sorgeva l’ospedale di Santa Maria Santa Trinita di Cerbaia, edificato a sostegno dei pellegrini che transitavano lungo la Via di Francia. Subì gravi devastazioni durante la guerra tra Pisani e Fiorentini nel corso del XIV secolo e fu ripopolato dai primi decenni del Quattrocento, grazie all’iniziativa del Comune di Fucecchio che promosse la costruzione di un’osteria e, più tardi, la ricolonizzazione di questo territorio con la formazione di nuovi poderi. Qui essiteva anche seconda osteria, detta di Greppo, a conferma dell’importanza di questo centro come “luogo di strada”. La nuova chiesa, intitolata a San Pietro, fu ricostruita nel 1604. Nei pressi della parrocchiale esiste ancora, ben conservato, un tratto dell’antica Via Francigena.
La via Francigena a Galleno
Montefalcone
Castello già dei Cadolingi nell’undicesimo secolo, passò poi agli Allucinghi, potente famiglia lucchese che vi esercitò la propria signoria. Sorgeva su una delle quote più elevate delle Cerbaie, in posizione dominante sul Valdarno inferiore. La sua chiesa, intitolata a San Quirico, è ricordata fin dall’ottavo secolo, quando sorgeva però nella sottostante pianura, presso il fiume Arme (poi Usciana), per essere poi ricostruita sull’altura. Scomparso il castello in seguito allo spopolamento che colpì la zona tra XIV e XV secolo, Montefalconi dette nome a una villa fatta costruire nel Cinquecento dalla famiglia fiorentina degli Albizi, che qui ebbero vaste proprietà. La villa, ben visibile dalla valle dell’Arno, è caratterizzata da una pianta regolare e da una mole imponente segnata da un forte slancio. Il nome Montefalconi identifica oggi anche una riserva forestale statale che si sviluppa dall’area prossima alla villa verso l’interno delle Cerbaie.
Montefalcone
Castello già dei Cadolingi nell’undicesimo secolo, passò poi agli Allucinghi, potente famiglia lucchese che vi esercitò la propria signoria. Sorgeva su una delle quote più elevate delle Cerbaie, in posizione dominante sul Valdarno inferiore. La sua chiesa, intitolata a San Quirico, è ricordata fin dall’ottavo secolo, quando sorgeva però nella sottostante pianura, presso il fiume Arme (poi Usciana), per essere poi ricostruita sull’altura. Scomparso il castello in seguito allo spopolamento che colpì la zona tra XIV e XV secolo, Montefalconi dette nome a una villa fatta costruire nel Cinquecento dalla famiglia fiorentina degli Albizi, che qui ebbero vaste proprietà. La villa, ben visibile dalla valle dell’Arno, è caratterizzata da una pianta regolare e da una mole imponente segnata da un forte slancio. Il nome Montefalconi identifica oggi anche una riserva forestale statale che si sviluppa dall’area prossima alla villa verso l’interno delle Cerbaie.
La villa di Montefalcone
Pozzo
Ricordato fin dal nono secolo, era castello già poco dopo il Mille e passò sotto la signoria di diverse potenti famiglie, tra cui i conti Cadolingi. La chiesa era, ed è tuttora, intitolata a San Pietro. Dopo essere stato distrutto dai Fiorentini nel 1328, il castello subì una fase di abbandono come gli altri centri minori delle Cerbaie. Successivamente, già dal Quattrocento, gli Albizzi di Firenze vi costruirono una propria dimora, passata poi ai Bourbon del Monte. Il piccolo borgo rurale di Pozzo è tuttora dominato dalla grande villa con giardino e l’annessa la chiesa di San Pietro.
Pozzo
Ricordato fin dal nono secolo, era castello già poco dopo il Mille e passò sotto la signoria di diverse potenti famiglie, tra cui i conti Cadolingi. La chiesa era, ed è tuttora, intitolata a San Pietro. Dopo essere stato distrutto dai Fiorentini nel 1328, il castello subì una fase di abbandono come gli altri centri minori delle Cerbaie. Successivamente, già dal Quattrocento, gli Albizzi di Firenze vi costruirono una propria dimora, passata poi ai Bourbon del Monte. Il piccolo borgo rurale di Pozzo è tuttora dominato dalla grande villa con giardino e l’annessa la chiesa di San Pietro.
Santa Maria a Monte
Oggi Comune con oltre 10.000 abitanti, è’ il centro storico più importante delle Cerbaie: il castello, fatto erigere dal Vescovo di Lucca, è documentato fin dal 906 ed è perciò uno dei più antichi della Toscana. Situato in posizione strategica sulle alture delle Cerbaie che dominano il Valdarno, il castello controllava il crocevia di strade dirette a Lucca, a Pisa e verso la Valdera, oltre che la via d’acqua rappresentata dal fiume Arme o Usciana. Fu sede di una pieve che originariamente sorgeva nella sottostante pianura (Sant’Ippolito in Aniano documentata fin dal 787), dove recentemente sono affiorati i resti di un preesistente insediamento di età romana. A lungo feudo dei vescovi lucchesi, il castello fu distrutto dai Fiorentini nel 1327, ma ne resta tutt’oggi la caratteristica impronta urbana a spirale, lungo tre vie principali parallele che circondano la rocca. La chiesa Collegiata di impronta rinascimentale ha subìto nel tempo diverse modifiche. All’interno alcune importanti opere d’arte, tra cui sono da segnalare in particolare un pulpito del XIII secolo, un Crocifisso del Trecento e una Madonna lignea del Duecento. La chiesa ospita anche l’urna con i resti della Beata Diana Giuntini da Santa Maria a Monte, vissuta nei primi decenni del Trecento. Il paese è sovrastato dall’area della rocca oggetto recentemente di scavi e restauri che hanno consentito la realizzazione di un parco archeologico. Da qui si gode un notevole panorama sulle Cerbaie e sul Valdarno inferiore.
Santa Maria a Monte
Oggi Comune con oltre 10.000 abitanti, è’ il centro storico più importante delle Cerbaie: il castello, fatto erigere dal Vescovo di Lucca, è documentato fin dal 906 ed è perciò uno dei più antichi della Toscana. Situato in posizione strategica sulle alture delle Cerbaie che dominano il Valdarno, il castello controllava il crocevia di strade dirette a Lucca, a Pisa e verso la Valdera, oltre che la via d’acqua rappresentata dal fiume Arme o Usciana. Fu sede di una pieve che originariamente sorgeva nella sottostante pianura (Sant’Ippolito in Aniano documentata fin dal 787), dove recentemente sono affiorati i resti di un preesistente insediamento di età romana. A lungo feudo dei vescovi lucchesi, il castello fu distrutto dai Fiorentini nel 1327, ma ne resta tutt’oggi la caratteristica impronta urbana a spirale, lungo tre vie principali parallele che circondano la rocca. La chiesa Collegiata di impronta rinascimentale ha subìto nel tempo diverse modifiche. All’interno alcune importanti opere d’arte, tra cui sono da segnalare in particolare un pulpito del XIII secolo, un Crocifisso del Trecento e una Madonna lignea del Duecento. La chiesa ospita anche l’urna con i resti della Beata Diana Giuntini da Santa Maria a Monte, vissuta nei primi decenni del Trecento. Il paese è sovrastato dall’area della rocca oggetto recentemente di scavi e restauri che hanno consentito la realizzazione di un parco archeologico. Da qui si gode un notevole panorama sulle Cerbaie e sul Valdarno inferiore.
Santa Maria a Monte in una foto aerea
Montecalvoli
Il castello di Montecalvoli nasce nel XII secolo in seguito al trasferimento della popolazione dall’adiacente colle di Castelvecchio all’altura sulla quale fin dall’ottavo secolo sorgeva il monastero di San Giorgio.Su Montecalvoli esercitò diritti di signoria l’abate del monastero di Sesto (abbazia situata nel Bientinese). Gravemente danneggiato nel corso della seconda guerra mondiale, questo piccolo centro ospita sulla piazza principale la chiesa dei Santi Giorgio e Iacopo ricostruita nell’Ottocento al cui interno si trova un bel Crocifisso attribuito al XVII secolo.
Orentano
Situato nell’area più interna dei boschi delle Cerbaie, sui rilievi prospicienti l’ex lago di Bientina (bonificato nel corso dei secoli XVIII e XIX), Orentano fu, come Montecalvoli, signoria dell’abbazia di Sesto e come tale è ricordato già nel 1020. Fu più tardi castello sottoposto alla giurisdizione del vicario lucchese che aveva sede a Fucecchio. Ebbe una chiesa dedicata a San Giovanni. Come altri centri minori delle Cerbaie subì gravi distruzioni durante le guerre del XIV secolo e si ripopolò a iniziare dal Cinquecento grazie agli incentivi promossi dal Comune di Castelfranco, a cui questo territorio apparteneva. A quest’epoca risale anche la ricostruzione della chiesa dedicata a San Lorenzo e sottoposta poi a varie modifiche. Orentano ospita oggi un interessante museo archeologico con reperti provenienti dall’area delle Cerbaie e dal bacino del Bientina.
Staffoli
I documenti più antichi relativi a questa località sviluppatasi nell’area più interna dei boschi delle Cerbaie risalgono agli inizi del IX secolo, quando una carta fa menzione di un monastero di Santa Maria, di cui si perde poi ogni memoria. Appartenne al distretto di Santa Maria a Monte ed ebbe una chiesa dedicata a S.Andrea, che nell’undicesimo secolo apparteneva all’abbazia di Sesto. Anche questo piccolo centro subì, come gli altri di questa area, un totale spopolamento nel corso del basso Medioevo per tornare poi a ripopolarsi nel Cinquecento, quando entrò a far parte del territorio comunale di Castelfranco di Sotto. Grazie al progressivo incremento demografico, la nuova chiesa intitolata a San Michele diventò parrocchiale nel 1629.
Altopascio
Il centro di Altopascio sorge ai margini dell’area vera e propria delle Cerbaie, ma la sua storia è strettamente legata ai boschi che si estendono tra il Padule di Fucecchio e il bacino del Bientina. Infatti questo luogo, che prende il nome dal rio Teupascio, menzionato già nel decimo secolo, fu scelto come sede di un ospedale per la sosta dei pellegrini che transitavano sulla Via Francigena e necessitavano di protezione dovendo affrontare nella foresta delle Cerbaie uno dei tratti più pericolosi del loro viaggio. L’ospedale fu fondato nella seconda metà dell’undicesimo secolo e raggiunse il massimo sviluppo nel corso del Duecento, quando diventò uno dei più ricchi e potenti enti ospedalieri di tutta l’Europa, tanto da avere sedi e interessi anche in Francia, Spagna e Inghilterra. L’ospizio era gestito da un ordine monastico cavalleresco conosciuto come “Cavalieri del Tau”. Qui i pellegrini potevano trovare non solo ospitalità, ma anche cure mediche all’avanguardia in relazione ai tempi. Oggi Altopascio è un comune che conta oltre 15000 abitanti e conserva significative strutture che ci parlano delle antiche funzioni ospedaliere svolte nel passato. Da ricordare, tra l’altro, la chiesa di San Iacopo, di forme romaniche, che costituisce il transetto dell’attuale parrocchiale e soprattutto l’alto campanile duecentesco detto della Samarrita, dal nome della campana che orientava il cammino dei pellegrini. Nelle vicinanze è visitabile anche il chiostro degli ospitalieri che faceva parte delle antiche strutture ricettive.
La torre detta "La smarrita" ad Altopascio
Punti paesaggistici di pregio
il complesso villa fattoria di Poggio Adorno, già proprietà del Marchese Bargagli, poi divenuta villa Vettori:
L'originaria fattoria venne acquistata nel Settecento da Dionigio Vettori Guerrini, che la fece ristrutturare e riorganizzò il parco circostante. La proprietà è circondata da un muro profilato con una siepe di tasso e sagomato in maniera da poter contenere busti decorativi in marmo. Il viale d'accesso è delimitato da due lunghe siepi in cipresso, nelle quali sono state ricavate delle edicole che ospitano statue in terracotta smaltata. Davanti alla villa si apre un ampio prato sul quale si staglia la facciata, dal compatto aspetto rinascimentale.
Il giardino anteriore è caratterizzato dalle cupole arboree, mentre in quello posteriore si trova un giardino all'italiana realizzato ai tempi del Vettori, con uno spiazzo circolare con fontana circondata da statue su basamento e da siepi in bosso che recingono aiuole con fioriture stagionali.
Da qui si accede al parco all'inglese, con vialetti sinuosi che si dipanano in un bosco con cedri dell'Atlante, cedri dell'Himalaya, cipressi dell'Arizona, cipressi comuni, tuie giganti,pini marittimi, cerri, lecci, roverelle, tigli e tassi. All'interno del bosco si incontrano statue di divinità agresti, spiazzi, labirinti di verzura e un laghetto circondato da querce e lecci.
(tratto da wiikipedia)
Punti paesaggistici di pregio
il complesso villa fattoria di Poggio Adorno, già proprietà del Marchese Bargagli, poi divenuta villa Vettori:
L'originaria fattoria venne acquistata nel Settecento da Dionigio Vettori Guerrini, che la fece ristrutturare e riorganizzò il parco circostante. La proprietà è circondata da un muro profilato con una siepe di tasso e sagomato in maniera da poter contenere busti decorativi in marmo. Il viale d'accesso è delimitato da due lunghe siepi in cipresso, nelle quali sono state ricavate delle edicole che ospitano statue in terracotta smaltata. Davanti alla villa si apre un ampio prato sul quale si staglia la facciata, dal compatto aspetto rinascimentale.
Il giardino anteriore è caratterizzato dalle cupole arboree, mentre in quello posteriore si trova un giardino all'italiana realizzato ai tempi del Vettori, con uno spiazzo circolare con fontana circondata da statue su basamento e da siepi in bosso che recingono aiuole con fioriture stagionali.
Da qui si accede al parco all'inglese, con vialetti sinuosi che si dipanano in un bosco con cedri dell'Atlante, cedri dell'Himalaya, cipressi dell'Arizona, cipressi comuni, tuie giganti,pini marittimi, cerri, lecci, roverelle, tigli e tassi. All'interno del bosco si incontrano statue di divinità agresti, spiazzi, labirinti di verzura e un laghetto circondato da querce e lecci.
(tratto da wiikipedia)